Gandhi, noto uomo politico indiano, nel suo libro "Regime e riforma alimentare", afferma: "Per liberarsi da una malattia, occorre sopprimere l’uso del fuoco nella preparazione del pranzo".

Albert Mosséri

Albert Mosséri
"La pratica dell’igienismo così come io la pratico oggi è venuta per gradi; ho dovuto percorrere numerose tappe, in quanto avevo bisogno di cercare il regime adeguato, le buone idee, cosa non facile. E una volta trovate le soluzioni, le tentazioni esterne e interne sono talmente forti che le cose trovate non si possono applicare a primo colpo. Furono necessari anni e anni di lavoro per poter praticare l'igienismo puro...."

A R C H I V I O

Piu' impariamo le leggi della natura che regolano e governano la nostra salute, meno dobbiamo temere il distruttivo attacco della malattia. A. Ehret

Il metabolismo durante il digiuno



ADATTAMENTI E COMMUTAZIONI METABOLICHE DEL DIGIUNO









Le riserve del corpo umano sono veramente notevoli: circa 565.000 kJ (1Kcal=4,184 KJ) sotto forma di grassi, localizzati in maggior parte nel tessuto adiposo; 100.000 kJ sotto forma di proteine mobilizzabili, localizzate principalmente nei muscoli; 6700 kJ di energia sotto forma di glicogeno (questa fonte di glucosio viene esaurita in appena poche ore). Queste riserve sono sufficienti per consentire una sopravvivenza di vari mesi. Tuttavia la loro utilizzazione può apparire problematica e suscitare alcune difficoltà alla comprensione se si ragiona in base ai normali processi fisiologici e non si tengono nella dovuta considerazione le modificazioni e gli adattamenti fisiologici che si verificano durante l’inanizione: vediamo allora di comprendere come sia possibile la lunga durata del digiuno.


Le riserve proteiche sono preziose.  

La riserva più pronta a cedere aminoacidi è costituita dalle proteine muscolari. Il loro consumo, superata una soglia di disponibilità, entro la quale i muscoli si comportano da vere e proprie riserve e non risentono in alcun modo della perdita proteica ma acquistano anzi slancio ed elasticità, ha l'effetto indesiderabile di indebolire il soggetto che digiuna. Inoltre le riserve proteiche non sono così grandi come quelle del tessuto adiposo ( che sono più del quintuplo rispetto a quelle protidiche ) e il corpo deve quindi cercare di risparmiarle per assicurarsi una lunga sopravvivenza al digiuno. 
Ciononostante nel corso dei primi 2-3 giorni di digiuno la proteolisi continua intensa, più o meno come nei giorni precedenti al digiuno, o può addirittura aumentare il primo giorno, come indica la perdita di azoto urinario. E dal momento che non viene introdotto azoto con la dieta questo vuol dire che c'è una notevole degradazione proteica senza compenso.

Soltanto in piccola parte questo consumo proteico muscolare serve a fornire aminoacidi per la sintesi di proteine indispensabili (proteine enzimatiche, proteiche di tessuti vitali quale il sistema nervoso ecc.) La maggior parte degli aminoacidi rilasciati dai muscoli è infatti utilizzata per sintetizzare glucosio attraverso la gluconeogenesi: il corpo inizialmente cerca infatti di porre rimedio alla scarsità di riserve di glicogeno, che vengono rapidamente consumate, sintetizzando il glucosio a partire dalle proteine. Questo avviene perché, mentre la maggior parte degli organi è in grado di utilizzare diverse fonti di carbonio (grassi, zuccheri, aminoacidi derivati dalle proteine), il cervello e il sistema nervoso centrale richiedono invece glucosio come unica o prevalente fonte di carbonio (ciò è vero anche per alcuni altri organi come la midollare del rene, i testicoli e gli eritrociti.)

Il fabbisogno di glucosio del cervello umano è enorme.

Circa 120 grammi al giorno (che possono ridursi, ma non scendere sotto i 100 grammi) mentre 40 grammi sono richiesti da altri organi: circa 160 grammi di glucosio al giorno sono quindi necessari per il corpo intero.

La quantità di glucosio che può essere ottenuta in qualsiasi momento a partire dalle riserve corporee di glicogeno ( fegato e muscoli) è di circa 190 grammi, e la quantità totale di glucosio nei fluidi corporei è pari a circa 20 grammi. Di conseguenza le riserve immediatamente disponibili di glucosio rappresentano all'incirca poco più del fabbisogno giornaliero.


Durante i periodi di digiuno che durano più di un giorno il glucosio deve dunque essere sintetizzato a partire da altre sostanze che si comportano da precursori. Il corpo quindi sintetizza prontamente glucosio dalle proteine e a questo scopo vengono utilizzate soprattutto le proteine dello stesso fegato e dei muscoli: gli aminoacidi che si liberano dalle proteine muscolari passano nel sangue per poter essere utilizzati dal fegato e dalla corteccia renale per la sintesi del glucosio.

George F. Cahill Jr. dell'Elliott P. Joslin Resarch Laboratory della Diabetes Foundation ha dimostrato che tra gli aminoacidi che forniscono il substrato per la sintesi del glucosio da parte del fegato, il più importante è l'alanina. Oltre all’alanina molti altri aminoacidi possono essere utilizzati per la gluconeogenesi e vengono chiamati per questo gluconeogenici. (Solo gli aminoacidi lisina e leucina non formano durante il loro catabolismo precursori del glucosio, e contribuiscono invece fortemente alla formazione dei corpi chetonici: sono quindi aminoacidi chetogenici).

A questo punto siamo in grado di comprendere una delle principali perplessità di fronte ai lunghi digiuni: se la decomposizione delle proteine continuasse con la velocità iniziale, i muscoli scheletrici e le altre fonti di proteine si esaurirebbero rapidamente ed il corpo non potrebbe sopravvivere a lungo.

Facciamo alcuni calcoli approssimativi ma abbastanza indicativi.

Il cervello richiede un rifornimento di energia equivalente ad almeno 100 grammi di glucosio ed il corpo, pur diminuendo la sintesi di glucosio iniziale (160 grammi circa in un uomo di 65 kg) non può scendere sotto questi 100 gr di glucosio senza danneggiare il cervello. Ebbene, anche la sintesi del glucosio corrispondente a questo fabbisogno sotto il quale non si può scendere esaurirebbe rapidamente le fonti proteiche. Infatti, per la sintesi del glucosio con la neoglucogenesi, il corpo solo in piccola parte utilizza i grassi (trigliceridi), che mettono a disposizione come precursori il glicerolo e solo alcuni acidi grassi, quelli a numero dispari di atomi di carbonio: questa via è quindi limitata e può fornire circa 16 grammi di glucosio al giorno. Ne deriva che le proteine dovranno contribuire per 90 grammi circa. Dal momento che per produrre 90 grammi di glucosio il corpo dovrebbe decomporre 155 grammi di proteine muscolari,(da un grammo di proteine possiamo infatti ottenere circa 0,6 grammi di glucosio) questo fatto implicherebbe una perdita giornaliera di azoto di circa 25 grammi(infatti il rapporto proteine-azoto è di 6,25). Poiché il contenuto di azoto del corpo di un adulto ammonta a circa 1000 grammi, e una perdita superiore del 50% di questa quantità è letale, si dovrebbe concludere che l’uomo a digiuno non possa sopravvivere per più di tre settimane.

E così hanno concluso, sulla scorta di simili calcoli, alcuni fisiologici privi di esperienze dirette: conclusione frettolosa, smentita da numerosi e recenti studi, oltreché dalle numerosissime osservazioni dei cultori del digiuno: i digiunoterapeuti hanno osservato numerose volte che l'uomo può digiunare per periodi assai più lunghi di tre settimane, non solo rimanendo in condizioni fisiologiche ma ottenendo miglioramenti delle condizioni di salute.

Ed ecco la spiegazione del fenomeno. 

Il corpo comincia presto a diminuire le sue perdite proteiche e a mano a mano che il digiuno continua una parte sempre maggiore della perdite organiche è imputabile al consumo di grasso corporeo, con un corrispondente risparmio delle vitali riserve di proteine. Se all'inizio del digiuno un uomo medio tenderà a sintetizzare dalle proteine almeno 90 grammi di glucosio, con un consumo di almeno 155 grammi di proteine, dopo i primi 2-3 giorni questo consumo diminuirà rapidamente, fino a ridursi a 10 grammi (o anche meno) dopo 3-4 settimane, con una produzione minima di glucosio dalle proteine: in media non supera i 5-6 grammi. (Il corpo non può infatti fare completamente a meno del glucosio, perché la maggior parte dei tessuti ne ha bisogno per rifornire il ciclo dell'acido tricarbossilico.)

Un organismo a digiuno pertanto dopo 3-4 settimane tende a raggiungere il consumo basale di proteine, quel consumo cioè sotto il quale l’organismo non può scendere, a causa dell’inevitabile consumo di materia vivente che il metabolismo comunque comporta. A riguardo, i dati forniti dai vari ricercatori differiscono molto, pur confermando tutti il progressivo risparmio proteico. Nonostante la discordanza dei dati possiamo affermare che, in un soggetto con caratteristiche medie, è prevedibile che il consumo proteico sia ridotto, dopo 3 settimane di digiuno, di 10 volte e anche più.

A questo punto rimane da capire un fatto fondamentale: come è possibile una decomposizione giornaliera di proteine così bassa quando, secondo i calcoli riportati, ne necessiterebbe una quantità più di 10 volte maggiore per produrre il glucosio necessario a coprire il solo fabbisogno energetico del cervello? Come si procura il cervello il resto dell’energia necessaria?


Il fatto si spiega con un fenomeno di straordinaria importanza. 

Molto presto, entro la prima settimana del digiuno, nel cervello avviene una commutazione biochimica e le cellule cerebrali cominciano ad utilizzare come fonte energetica i corpi chetonici, sostituendoli al glucosio. Quindi si può ridurre enormemente la demolizione proteica per produrre glucosio. Fu Cahill che scoprì che il deficit di glucosio era compensato da una fonte sostitutiva di energia, derivata dai grassi: i corpi chetonici, appunto. Il sangue dei soggetti digiuni mostra infatti un aumento dei corpi chetonici: acido acetacetico e i suoi derivati, acetone e acido beta-idrossibutirrico, ed il cervello si adatta a questi substrati energetici. Ricercatori dell'università di Oxford hanno in seguito dimostrato che il cervello è dotato del meccanismo enzimatico necessario per utilizzare i corpi chetonici.

La condizione detta chetosi, cioè accumulo di chetoni nel sangue e loro presenza nelle urine e nell'aria espirata (acetone), è praticamente sempre presente durante un digiuno che si prolunghi per qualche giorno ed è sempre stata paventata come condizione patologica: uno dei fatti addotti per dimostrare gli effetti dannosi del digiuno è proprio la presenza della chetonemia, la quale è associata, in circostanze diverse, a fenomeni patologici (acetone dei bambini, diabete scompensato) e comporta la tendenza alla acidosi metabolica.


Però nel digiuno la chetonemia non è un fatto patologico ma un adattamento biochimico fondamentale assicurare una lunga sopravvivenza.

Quando, dopo pochi giorni di digiuno, i corpi chetonici (in particolare l'acido-beta-idrossibutirrico) raggiungono nel sangue la concentrazione sufficiente, viene infatti attivato nel cervello il meccanismo biochimico dei chetoni, in seguito al quale quasi tutte le necessità energetiche del corpo saranno sostenute dai grassi, da cui i corpi chetonici derivano: e così il consumo proteico comincerà ad abbassarsi fino a diventare poco più alto del ricambio di base.

L'adattamento al metabolismo dei corpi chetonici determina non solo risparmio sulle proteine muscolari e di altre riserve, che non sono più demolite per sintetizzare zucchero per il cervello, ma anche risparmio sul consumo di proteine enzimatiche.

Variazioni tessutali durante il digiuno



VARIAZIONE DELLA COMPOSIZIONE TESSUTALE
E DEL TERRENO BIOELETTRONICO











Le scorie metaboliche si accumulano negli spazi intercellulari ed anche all'interno delle cellule, determinando difficoltà negli scambi metabolici e degenerazione cellulare.
Il digiuno mette in atto un allontanamento dai tessuti degli accumuli patologici, che si riversano nel sangue, alterandone a volte transitoriamente i valori chimici, per essere poi escreti attraverso gli emuntori. Questo processo determina numerosissime modificazioni nella composizione tessutale. In particolare è interessante la modificazione, durante il digiuno, della distribuzione dell'acqua fra i due distretti intracellulare ed extracellulare. Si sa che una delle caratteristiche dell'invecchiamento è la disidratazione dei tessuti e in modo particolare l'inversione del rapporto percentuale tra acqua intracellulare ed extracellulare. Secondo ricerche recenti del dott. Salvatore Simeone il digiuno sembra agire reidratando la cellula e quindi ringiovanendola.

Lo stesso autore ha condotto misurazioni del fattore RH2 nelle urine, nel sangue e nella saliva dei digiunanti. Il fattore RH2 indica il valore del potenziale elettrico della soluzione in esame ed è un parametro che dipende sia dal pH che dal potenziale di ossidoriduzione. Alcuni ricercatori negli ultimi decenni hanno rilevato che il valore del fattore RH2 in persone in buona salute è 22-23 mentre tende a salire fino a 30 in soggetti affetti da patologie degenerative; inoltre negli anziani e in genere più alto che nei giovani. Il dott. Simeone ha potuto rilevare alla fine del digiuno un abbassamento del fattore RH2 su un campione di 100 soggetti osservati.
Le osservazioni fatte dal dott. Simeoni e dai suoi collaboratori sono particolarmente significative perché riguardano non una singola componente ma parametri che dipendono da fattori molteplici e quindi misurano la variazione del terreno. Il primo parametro, la reidratazione cellulare, indica un ringiovanimento del terreno chimico e il secondo un ringiovanimento del terreno bioelettronico. Queste modificazioni sono la conseguenza della profonda azione di rimaneggiamento tessutale determinata dal digiuno, con allontanamento delle scorie metaboliche.

Il potenziale elettrico aumenta soprattutto per l'accumulo nei liquidi biologici dei radicali liberi, che agiscono in senso mutageno, immunodepressivo, degenerativo, cancerogeno. La diminuzione alla fine del digiuno del fattore RH2 depone quindi per un allontanamento dal sangue e dai tessuti, fra l'altro, dei radicali liberi.




Consumo di materia organica




METABOLISMO E BIOCHIMICA








Durante il digiuno il corpo attinge alle sue riserve di grasso, proteine, glicogeno (queste ultime assai scarse, come vedremo) vitamine e sali minerali. “L’intelligenza somatica” è in grado di distinguere le diverse componenti dell'organismo e di far sopravvivere quelle indispensabili alla vita a spese di quelle non necessarie o superflue o addirittura dannose. La perdita di peso durante il digiuno è infatti un processo guidato con precisione e questo è stato sottolineato da numerosi ricercatori.
Riportiamo le parole dello Starling, testo classico di fisiologia: (nel digiuno) "Quegli organi che sono più necessari al mantenimento della vita, il cervello, il cuore, i muscoli respiratori, subiscono una ben piccola perdita di peso. Degli altri tessuti, il grasso, che è puramente una riserva, viene usato per primo e durante il digiuno può venire consumato il 97% del grasso totale del corpo. L'azoto necessario per l'organismo sembra sia fornito principalmente a spese dei muscoli e delle ghiandole. In alcuni tessuti, per esempio il fegato ed il pancreas, si può constatare un evidente impicciolimento delle cellule. Possiamo supporre che durante il digiuno tutti i tessuti subiscano un lento processo di autolisi con versamento dei prodotti di questa nel sangue, e che i tessuti attivi assumono il materiale liberato da tutte le altre cellule del corpo, in modo da mantenere il loro peso a spese di tutte le altre. 

CONSUMO DI PROTEINE, GRASSI, GLUCIDI

Dalla quantità di azoto nelle urine, come è noto, si può risalire al consumo proteico, mentre dalla quantità totale di anidride carbonica si può calcolare il consumo dei grassi e dei glucidi, conoscendo il quoziente respiratorio.
Valutando la perdita di azoto in Succi si può vedere che in generale il consumo giornaliero delle proteine è andato gradualmente diminuendo (sempre più lentamente). Il perturbamento di questo andamento ad es. al 13° o al 25° giorno, dipendono da variazioni esterne: variazione di attività fisica, assunzione di peptone ecc. Notiamo inoltre che il consumo proteico, pur diminuendo, non raggiunge quei valori assai ridotti.

Mentre il consumo proteico va diminuendo dal principio alla fine del digiuno, il consumo del grasso si mantiene pressoché uguale durante tutto il periodo dell'inanizione o diminuisce di poco.
Altri ricercatori hanno riscontrato sia su animali che su uomini un quasi costante aumento dell'eliminazione dell'azoto nei primi 2-3 giorni.
Recentemente si è compreso il motivo di questo aumento della eliminazione di azoto e quindi di consumo proteico nei primi giorni e la successiva diminuzione.
Essa ha una spiegazione più complessa ed un significato di maggiore portata rispetto alla spiegazione riferita da Luciani e da lui attribuita al Voit: nei primi 2-3 giorni si consumano le proteine circolanti nel sangue che sarebbero più facilmente combustibili delle proteine organizzate e quindi metabolizzate con maggiore rapidità.
Come vedremo l’aumento iniziale della eliminazione di azoto, e quindi del catabolismo proteico, è da imputare al rapido consumo delle riserve glucidiche che comporta inizialmente, quando l’organismo non si è ancora adattato al digiuno con opportuni adattamenti biochimici, una notevole neosintesi di glucosio, necessario soprattutto come fonte energetica del sistema nervoso: la neosintesi glucidica determina un notevole consumo proteico che si ridurrà rapidamente a livelli minimi quando il sistema nervoso comincerà ad utilizzare i corpi chetonici al posto del glucosio, in genere entro la prima settimana di digiuno. (Vedi: Trasformazione durante il digiuno)