La pressione arteriosa durante il digiuno
Il
polso tende a mantenere a riposo la frequenza entro limiti strettamente
fisiologici.
E'
frequente invece una tachicardia sotto sforzo accentuata rispetto alla norma.
Alla
tachicardia può associarsi una tendenza alla aritmia, per la presenza di
extrasistoli sporadiche.
Anche
la pressione arteriosa tende a mantenersi entro limiti strettamente fisiologici
in persone normotese.
Negli
iper-tesi la pressione tende ad abbassarsi progressivamente, mentre negli ipo-tesi
tende a mantenersi invariata, o ad abbassarsi nei primi giorni, per poi
aumentare e stabilizzarsi sui valori abituali.
In
questi ultimi è importante segnalare un accentuarsi della labilità pressoria
con una aumentata tendenza alla lipotimia ortostatica. Questo fenomeno è
presente più frequentemente nei primi giorni di digiuno: successivamente la
pressione, tende a stabilizzarsi e a volte ad aumentare, non solo nei confronti
dei primi giorni di digiuno, ma anche rispetto ai valori abituali.
La
pressione arteriosa dipende da due fattori: dal lavoro del cuore e dalla somma
delle resistenze opposte dai vasi al flusso del sangue, per spiegare un
abbassamento pressorio bisogna ammettere un progressivo decrescere del lavoro
del cuore dal primo all'ultimo giorno di digiuno. Il digiuno comporta una
diminuzione della massa del cuore e quindi un assottigliamento delle sue pareti
ed una diminuzione della capacità dei ventricoli: un indebolimento del cuore in
toto a cui deve corrispondere una proporzionale diminuzione funzionale sia
sistolica che diastolica.
Secondo
le ricerche di Voit e di altri ricercatori le perdite percentuali del cuore
sono appena del 3% e questa diminuzione è riscontrata in animali morti
d'inedia.
E'
giustificato supporre che nei limiti del digiuno fisiologico, la massa del
cuore diminuisca ancor meno in persone normali, proprio per il concetto
generale già esposto che afferma la tendenza del corpo a preservare gli organi
vitali.
Recenti
osservazioni hanno permesso, grazie a radiografie, di documentare una effettiva
diminuzione della massa cardiaca durante digiuni protratti. Questa è comunque
dovuta non ad una diminuzione numerica ma una diminuzione delle dimensioni
delle fibre cardiache ed è comunque di portata ridotta, a meno che non si sia in
presenza di ipertrofia cardiaca.
Secondo
una definizione generale di Chossat, i tessuti, durante il digiuno, perdono
massa in misura inversa alla loro importanza fisiologica.